A volte mi chiedo cosa accadrebbe se tutti i governanti del mondo, quelli che detengono le leve del potere, fossero colpiti dal virus della “verità”: quello che ti fa leggere persino il pensiero e devi necessariamente esprimere a parole ciò che la tua mente, in quel momento preciso, pensa.
A voi piacerebbe essere “vittime” di questa malattia? La malattia della verità: una patologia invero rarissima, contro la quale non esiste farmaco, antidoto, vaccino che tenga.
A quel punto, credo, non sussisterebbero più inganni od infingimenti di sorta e quei capoccioni, eletti o meno che siano (e sappiamo bene quanto gli attuali c.d. “onorevoli” non siano espressione del voto, espresso dal reale sovrano: il Popolo) verrebbero quasi tutti rimandati alla base, da cui sono partiti: alcuni direttamente alle fognature, che ancora oggi declinano ogni responsabilità, quasi imbarazzate di aver dato i natali a certi loschi personaggi.
Intendiamoci, la malattia colpirebbe trasversalmente ogni categoria e fascia di età dei “diversamente fanciulli” nostrani, seduti -anzi incollati- da tempo immemore sui più alti scranni delle nostre Istituzioni e strutture sanitarie nazionali. E così, in un immaginario e fantasioso gioco di “botta e risposta”, mi pare già di poterli sentire e vedere mentre tentano, entusiasticamente, di promuovere il nuovo elisir, che big pharma (o big arma?) ha prodotto, mentre la malattia della verità, prendendo il sopravvento, gli fa affermare (senza tema di smentita): “ … st’acqua de fogna ve la bevete voi, io ho solo istruzioni di pubblicizzarla come se fosse acqua santa, sennò mi fanno annà a pulire i cessi, altri che primario di st’ospedale del …piffero” .
Imbarazzo generale del conduttore televisivo di turno, che colpito anch’esso dalla patologia, che ti fa dire ciò che pensi, inizierà a balbettare. “ e ci credo che non lo berrai ‘sto calice amaro, manco io lo berrò, non voglio mica diventare come quella gran cafona di Barbara, che il grande capo si ripassa ogni sera, alla faccia della moglie che ruba li sordi agli italiani, facendo finta di lavorare per il paese…”.
A quel punto, scatta la rissa fra pubblico, intervistatore e intervistati, che a forza di mettersi le mani addosso, si contagiano tutti allegramente, fino a quando un bimbetto intorno ai 10 anni, che si era fino ad allora tenuto da parte, con un cellulare in mano, scatta una fotografia e la invia al Presidente della Repubblica, anch’egli vittima del virus della verità e che, a reti unificate ammette: “se semo giocati la Nazione, ma n’era mejo se quer giorno fossi annato fuori da li…. biiiiipppp”.
Sipario !
VP
Viviamo una sorta di dicotomia, noi italiani, fra il desiderio di seguire cuore e coscienza da un lato ed il dovere di “rispettare la regola” dall’altro.
Questo è pure l’eterno conflitto fra diritto naturale, nato con l’essere umano e il diritto posìtum , definito nel mondo contemporaneo ” positivo” od imposto dall’esterno, in genere dal terzo al di sopra del cittadino, dal governante, insomma.
Dimentichiamo spesso e volentieri che siamo sovrani della nostra Nazione e che l’unico limite, che abbiamo è il rispetto della vita altrui, che poi è anche la nostra. Non dovrebbe esistere un “mors tua, vita mea” per intenderci, ma un opposto :” vita tua, vita mea”.
Per contro e specialmente l’ultimo lustro ci ha spalancato gli occhi sopra un mondo che appare più nero della pece e che è stato mascherato da realtà “arcobaleno”, che di colorato hanno solo il logo, che ne accompagna l’anima meschina.
Cosa accade quando quel mondo parallelo a quello umano prende il sopravvento ed impone la regola distopica ed insensata?
Accade, o meglio dovrebbe accadere, che l’ homo anìmicus , che considero di categoria superiore a quella meramente “sapiens”, debba ergersi a guardiano della propria esistenza e di quella altrui.
Recita una intensa poesia di Henley “Invictus”: “ Non importa quanto sia stretta la porta, quanto piena di castighi la vita, sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima”.
Il poema aveva accompagnato le notti insonni di Mandela nei campi di prigionia, a cui il sistema lo aveva condannato.
Quella frase fa il paio, a mio sommesso avviso, con la famosa ed altrettanto profonda riflessione del nostro grande padre costituente, Calamandrei, che ammoniva il popolo italiano, nel secondo dopo guerra, rammentando le nefaste conseguenze del totalitarismo: “ la Libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando inizia a mancare”.
Nel nostro DNA, quello umano si intende, risuona una scintilla di Luce animica potente, che ognuno di noi possiede, dobbiamo soltanto imparare ad ascoltarla ed alle imposizioni di un sistema distopico, quella Luce risponde in un solo modo: “ NO!”.
Torniamo padroni delle nostre vite e capitani della nostra anima, seppure debba risuonare quale ultimo afflato di Libertà, l’unico fine delle nostre esistenze.
Ad maiora
V.P.
Come fosse la nemesi del “ventennio” del secolo scorso, i primi venti anni del secolo ventunesimo non si discostano punto dai drammatici eventi che condussero dapprima ad una crisi economica di apprezzabile livello e successivamente al drammatico conflitto, che i libri di storia ricordano come la seconda guerra mondiale.
Il clichè pare essere sempre il medesimo: prendi una nazione, la affami e la rendi rabbiosa -quasi fosse un animale da portare su un ring- e poi la scateni contro un’altra, facendole credere che la sua salvezza debba necessariamente passare attraverso la morte di altri popoli.
Sic transit gloria mundi…
A ben vedere, tuttavia, un elemento di novità rispetto al ‘900 è ravvisabile, giacchè, nell’epoca che ritenevano la peggiore in assoluto – prima di conoscere gli eventi ultimi, che hanno superato in tragicità persino l’olocausto- il popolo viveva sotto regime dittatoriale, ovvero era sottoposto ad una coercizione di volontà ad opera di governi di frangia estremista.
Oggi, il popolo è paradossalmente complice del giogo governativo e di una manipolazione così capziosa, capillare e profonda, da non rendersi minimamente conto di fungere da “cavia”, ovvero da “ratto” di laboratorio.
Si continua imperterriti a correre intorno alla ruotina, posta all’interno di una comoda (almeno per alcuni) gabbia cittadina; incollati – quasi non ci fosse un “domani”- a marchingegni elettronici, che ci mostrano una realtà da video gioco, talvolta decisamente horror, tanto per renderci più avvezzi alle espressioni più tragiche della vita ed insensibili ad ogni grido di aiuto proveniente dal nostro prossimo. E come fossimo ancora ai tempi dei giochi dei gladiatori al Colosseo, ci dividono, nel più classico stereotipo del “dìvide et impera”, in fan di una fazione, piuttosto che di un’altra, fino a spingerci ad odiarci ed a compiacerci del male perpetrato a quello che ci viene fatto credere il “nemico”.
Siete stupiti? Non particolarmente, suppongo, oramai queste tecniche psicologiche di alta mistificazione della realtà si imparano quasi su banchi di scuola, dove i nostri figli vengono diseducati ad ogni prassi di buon senso, logica ed empatia ed al loro posto, quelle poveri menti vengono “impallate” di c.d. educazione sessual-finta sentimentale e al rispetto della propaganda LGTBQ+, che non è altro che l’altra faccia del totalitarismo di stampo “sinistro”, in tutti i sensi possibili.
L’ “obbedisco” di garibaldina memoria trasfuso in un milcul pop alla Schlein’ style, mixato con qualche sfaccettatura di maschera diversamente patriarcale, onde distrarci dall’ennesimo strappo o ratto di coscienza.
Invero, in altra meno animalesca accezione, il termine “ratto” mi ricorda infatti il rapimento di quella coscienza… in un più ridotto lemme, il ratto dell’obbediente.
Ad maiora…
VP
È evidente che nessun magistrato -men che meno se asservito al sistema- possa decidere contra legem sulla base delle sole evidenti contraddizioni del sistema. Che questo sia acclamato a gran voce, dal popolo e dai giuristi -da ultimo perché l’EMA ha dichiarato che i vaccini in commercio non sono atti a prevenire l’infezione da Sars-Cov2- non è sufficiente per ottenere giustizia. I giudici decidono secondo la legge.
E allora come possiamo aggirare l’ostacolo? Chiedendo che la normativa sull’obbligo vaccinale e il green pass venga finalmente abrogata e non solo, che l’abrogazione avvenga ex tunc, sin dall’origine, col chiaro disposto “perchè la normativa non era idonea sin dall’origine al raggiungimento dello scopo per cui era stata emanata”.
È solo così che possiamo chiamare il Parlamento a uno degli atti di responsabilità più imponenti e importanti degli ultimi -quasi- quattro anni.
Chiediamo a tutti voi di farvi sostenitori di questa petizione al fine di tentare di ristabilire, definitivamente, la legalità e sanare le ingiustizie perpetrate sui cittadini italiani dalla normativa posta in essere dal governo e successivamente ratificato dal Parlamento italiano.
Invitiamo persone e associazioni a unirsi a noi in questo progetto che nasce da Arbitrium PSG ma che deve procedere con l’appoggio di tutti gli Italiani consapevoli.
di seguito il link per firmare la petizione:
https://www.petizioni.com/petizione_per_labrogazione_dei_ddll_4421_e_5221
*L’unica cosa che certifica che esiste l’infinito è la stupidità dell’uomo (Voltaire)*
*A. Enstein ” Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi”*
Recita l’art. 147 del c.c., provvidenzialmente non ancora modificato: “ Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315 bis..”.
In verità, il dettato normativo è il naturale corollario dell’art. 30 della Costituzione, nella duplice accezione di diritto e dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
L’obbligo di mantenimento dei figli comprende l’obbligo di fornire loro quanto necessario per la vita di relazione nel contesto sociale in cui sono inseriti, in relazione alla disponibilità dei genitori. Occorre rilevare che detta obbligazione non ha certamente natura alimentare: perciò vi rientrano le varie attività utili per lo sviluppo psico-fisico del ragazzo, ad esempio la cd. “paghetta” per le ordinarie spese quotidiane. Gli obblighi di istruzione ed educazione della prole riguardano tutti i provvedimenti che i genitori ritenessero utili a formare il senso civico, la coscienza sociale (aspetti affettivi e relazionali) e il grado culturale (aspetti cognitivi e formativi) dei figli.
L’addentellato costituzionale conferisce tale diritto ai genitori e li rende titolari esclusivi della scelta dell’indirizzo educativo da fornire alla prole.
La prima parte dell’articolo 30 della Costituzione stabilisce infatti che è anche «diritto» dei genitori – oltreché dovere – istruire ed educare i figli.
Lo Stato quindi non può entrare nelle scelte formative della prole (scelte ideali, morali, politiche, religiose, ecc.) che competono esclusivamente al padre e alla madre.
Eppure negli ultimi anni, lo Stato sotto forma di istituzione scolastica sta tentando di invadere vieppiù quel campo di gravità che spetta permanentemente e senza alcun dubbio alla famiglia. L’educazione dei figli, se non coltivata secondo crismi sani e naturali, porta a sicuro squilibrio la mente dei giovani nostrani, già alquanto obnubilati da decenni di indottrinamento mediatico e condotti ad una sorta di macello cerebrale, in conseguenza pure di ideologie distorte ed insensate, tutte figlie di un orientamento politico, che ci vorrebbe livellati e solo apparentemente liberi di esercitare il sacrosanto arbitrio.
Si era partiti da: “Il corpo è mio e lo gestisco io”.
Così recitava uno slogan degli anni ‘70, periodo storico, in cui si sdoganava l’ideologia di parificazione dei sessi, in una realtà globale che si affrancava per la prima volta dall’egemonia maschile e la donna, sempre vista quale subalterna all’uomo, rivendicava quella consapevolezza ed autodeterminazione, che conducevano a battaglie pure forti ai fini di ottenere spazio in ogni ambito e contesto socio- politico e culturale.
La frase storica che ha caratterizzato le lotte femministe era una sicura provocazione, che lasciava intendere non solamente la sussistenza di un diritto della donna di decidere del proprio corpo, inteso quale vita, bensì pure quello di autodeterminarsi intellettualmente, sicchè oltre al corpo, aggiungerei idealmente: “corpo e mente sono miei e li gestisco io”.
E’ stata l’epoca, che più di tutte, ha consentito un affrancamento da quella ideologia patriarcale, che nell’immaginario collettivo -e purtroppo pure reale- aveva condotto persino all’accettazione del delitto di onore, ad opera del maschio d’uomo sulla femmina e frutto di ataviche, malsane ed in fondo mai superate –geneticamente per alcuni uomini- credenze riguardo l’onorabilità e la reputazione dileggiate ad opera di condotte immorali, od almeno così ritenute all’epoca.
Tutte le ideologie susseguitesi nell’arco degli anni 50/80 del secolo scorso sono state la naturale conseguenza di cambiamenti storici epocali (rammentiamo che l’Italia usciva da una dura guerra, proprio in quegli anni) e tutte avevano un comune denominatore: l’evoluzione umana e spirituale.
Cosa è potuto accadere, per contro, a partire dagli anni ‘90 in poi, ma forse ancor prima sul finire degli anni ‘80?
Può avere avuto un’incidenza, nel farci quasi indietreggiare antropologicamente, la TV e nella specie i c.d. programmi trash, che da oltreoceano, attraverso il tubo catodico, invadevano le case degli italioti (me compresa) e ipnotizzavano le menti di fanciulli, genitori e nonni?
Temo trattasi di domanda retorica, giacchè le risultanze di ogni studio all’uopo esperito si dirigono verso un’unica drammatica soluzione: i giovani degli ultimi decenni sono dotati di un quoziente intellettivo più basso rispetto ai genitori. Aggiungiamoci un livello di empatia e di intelligenza emotiva pari a quella di un criceto in gabbia da anni- volendo peraltro usare un eufemismo- per rappresentare il quadro fosco dello stato mentale delle nuove generazioni.
Ogni eccezione, naturalmente, non può che confermare la regola.
In questo contesto da buio, redivivo medioevo, certa parte politica di estrazione “sinistra” (con scappellamento a destra, talvolta), in ogni accezione del termine, cavalca alte onde di equivoco ed incomprensione, facendo credere ai nostri concittadini di non essere più gli unici e reali titolari di diritti sul proprio corpo, sulla propria mente e sulla propria prole, çà va sans dire.
E’ notizia degli ultimi giorni che – a seguito dell’ennesimo delitto, che parrebbe essere stato perpetrato da un uomo su una donna- mentre le forze dell’ordine ancora cercavano il corpo della vittima, il ministro Valditara decretava la necessità che nelle scuole italiane di ogni ordine e grado gli studenti si esercitassero in 12 ore di “educazione sentimentale”, che come anzi detto dovrebbe essere appannaggio unico delle famiglie.
Viene lanciata la nuova ideologia: “ caccia al patriarca”, come se ancora esistessero “maschi alfa” in Italia, sopravvissuti agli orientamenti LGBTQ + o – condivisi dalle famiglie ed il mediocre film della Cortellesi, che tratteggia i temi del c.d. patriarcato -in chiave negativa, naturalmente- fa un balzo assoluto nelle classifiche nazionali, manco gli avessero conferito l’Oscar.
Ma ironia della sorte o del Ministro, chi può dirlo, la c.d. educazione sentimentale” da chi potrà essere insegnata?
Dagli influencer, naturalmente e chi per antonomasia è l’influencer più influencer del panorama trash italiano?
I Ferragnez, diamine, chi non conosce i coniugi ( o simil tali) Ferragni –Fedez: lui (?), un giorno si e l’altro pure, veste i panni di una donna, solo in apparenza scherzosamente ed i figli appaiono ogni minuto in un video “reel” dei genitori, manco fossero la prole del popolo.
Ecco, potrebbero essere costoro, che insegneranno ai nostri figli, in un contesto scolastico, in cui dovrebbero già acquisire competenze socio-relazionali grazie alle ore di educazione civica, cosa è il “sentimento”, che scaturisce da una relazione umana.
Perdonerete, se giunti a questo punto, io preferirò l’educazione siberiana.
Ad maiora
VP
news
Confesso che l’ispirazione mi è giunta, ascoltando le parole appassionate di un ex parlamentare dell’area del dissenso, per giunta collega, mentre disquisiva della Festa del 25 Aprile e dei suoi “derivati”, nella specie: iper dipendenza dalla NATO, il MES, il PNRR e tante altre parolacce sotto forma di acronimi senza senso.
Ad un certo punto, evoca il concetto della “ libertà del pesce rosso” ed improvviso come un conato di vomito, vedo tutta la mia vita davanti e quella dei miei figli, con un senso di ribrezzo intollerabile.
Mi ci sono proprio vista, capite? Il pesce rosso dentro la boccia, insieme a tanti altri pesci rossi, in un’amalgama colorato ed impersonale, in cui il pesce grosso mangia il piccolo ed ottiene anche tanto cibo dal padrone, che sta rigorosamente fuori dalla boccia e che si gusta la scena dei pesci rossi che si azzannano fra di loro.
Puah!
Eppure, è proprio così che siamo, gente, tanti pesciolini piccoli, sovrastati dal grande, che viene foraggiato letteralmente dall’esterno e quando quel pesce grosso inizia ad ingrandirsi eccessivamente, tanto da fuoriuscire dalla boccia, il padrone che fa? Lo estrae e ….lo cucina, perchè il pesce non può crescere più del padrone, non è tollerabile, non è sano per quel padrone, che deve essere l’unico al mondo a reggere le fila ed a controllare la crescita o la decrescita (per l’homo insapiens 2.20, una certa sinistra quella decrescita la chiamava “felice”) dei pesci.
Ed allora, il padrone per ingrassare il proprio portafogli, farà incrementare il numero di pesciolini di natura più obbediente e lavoratrice, mentre quelli più ribelli li userà come cavie da laboratorio e li sottoporrà alla somministrazione di farmaci sperimentali, che purtroppo ogni tanto il pesce rosso lo fanno diventare di tutt’altro colore ed a pancia in sù.
Il pesce rosso in boccia non conoscerà mai i fiumi, i laghi, il mare, potrà respirare (sempre ci riuscirà) dentro l’acqua “viziata” di quel piccolo contenitore e se tenterà di scappare verrà sottoposto a terribili torture, in modo non gli venga più in mente di fuggire.
Talvolta, nasce un pesce rosso consapevole, che intravede la piscina oltre la boccia e si rende conto che il padrone nuota in una vasca molto più grande, in cui ci sarebbe posto per tutti i pesci rossi ed oltre.
Allora, il pesce rosso “consapevole” tenta di convincere gli altri pescetti, in modo da muovere tutti insieme la boccia e farla cadere in piscina, ma puntualmente la stragrande maggioranza del “pesciame” lo snobba o lo considera pazzo, così al pesce non resta che morire di inedia.
Verrà un giorno, tuttavia, in cui la casa del padrone verrà travolta da un’alluvione e quel pescetto rosso, salutati i compagni di boccia, una volta imbracciato metaforicamente un ombrello per salutarli definitivamente, si lancerà nel vuoto, raccolto dalle provvide acque della pioggia battente e …. liberooooo finalmente!
Ad maiora
VP
